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La lotta al Surriscaldamento Globale

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Gli accordi di Parigi del 2015 hanno stabilito come obiettivo della lotta al surriscaldamento globale un aumento massimo delle temperature di 1,5° C rispetto ai livelli preindustriali.

Sono passati 10 anni da quando diversi governi mondiali hanno stipulato gli accordi di Parigi, durante la COP 21, allo scopo di contrastare la piaga del surriscaldamento globale. Da allora, il mondo è cambiato profondamente, e molte delle cose che prima davamo per scontate non sono più tali, quindi sono molti quelli che si chiedono: Come procede la battaglia dell’umanità per salvaguardare il clima?

Secondo l’ultimo rapporto pubblicato dalla World Meteorological Organization (WMO), c’è l’86% di probabilità che la temperatura media globale annua superi temporaneamente la soglia critica di aumento di 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali, in almeno uno dei prossimi 5 anni. Ancora più preoccupante è il dato sul lungo termine: la WMO stima una probabilità del 70% che la media del riscaldamento globale nel quinquennio 2025-2029 superi 1,5° C. Questo è un dato significativo e allo stesso tempo un segnale preoccupante che indica come il pianeta si stia avvicinando rapidamente al limite concordato nell’Accordo di Parigi del 2015, sottoscritto da 195 Paesi con l’obiettivo di contenere l’aumento della temperatura globale al di sotto dei 2°C e possibilmente entro 1,5°C. Il superamento così rapido di questi limiti è un segnale d’allarme su quanto ciò che si è fatto finora non sia sufficiente.

Perché la soglia limite del surriscaldamento globale è stata fissata a 1,5° C?

Con un aumento delle temperature globali di 2 ° C rispetto ai livelli preindustriali, si arriverebbe alla perdita completa del ghiaccio marino estivo dai poli, e si triplicherebbero le ondate di calore estremo. Dovremmo aspettarci livelli di estinzione di flora e fauna molto più elevati rispetto a quelli attuali e la possibile perdita totale delle barriere coralline in tutto il pianeta. Il superamento della soglia dei 2° C ci porterebbe ancora più vicini al punto limite per la perdita delle calotte glaciali della Groenlandia e dell’Antartide occidentale. A questo punto lo scioglimento diventerebbe irreversibile, raggiungendo la perdita totale del ghiaccio dei poli e portando l’innalzamento del livello del mare a diversi metri.

Molte zone del pianeta diventerebbero completamente inabitabili a causa del calore, mentre nelle altre la vita diventerebbe più difficile, con eventi atmosferici estremi più frequenti e potenti. Questo porterebbe conseguenze gravi anche sulle produzioni agricole mondiali, causando carestie e lotte per l’acqua e il cibo.

Dal punto di vista puramente economico, alcuni modelli prevedono che il cambiamento climatico potrebbe ridurre il PIL globale del 10-15% entro la fine del secolo. Altre ricerche, che tengono conto di impatti finora sottovalutati, alzano la stima a una riduzione del 40% del PIL pro capite globale in uno scenario con un riscaldamento superiore a 3 °C.

Quindi il limite fissato ad un aumento di 1,5° C è dovuto dalla volontà di scongiurare le conseguenze più catastrofiche, che si verificherebbero con aumenti di temperatura maggiori.

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Perché il lavoro fatto finora non sta portando i risultati sperati?

Secondo un paper scientifico pubblicato dalla rivista Earth System Science Data e curato da 61 esperti provenienti da 17 Paesi, l’obiettivo di limitare la crescita della temperatura media globale ad un massimo di 1,5 gradi centigradi, entro l’anno 2100, è ormai irraggiungibile.

Ma qual è la ragione di questa certezza?

L’IPPC ha stabilito un Carbon Budget seguendo le indicazioni di centinaia di scienziati del clima. Si tratta del totale di emissioni di CO2 (in questo calcolo tutti i gas serra sono convertiti in CO2) che il pianeta può sopportare prima che il superamento della soglia di 1,5° C diventi inevitabile.

Ad oggi, la soglia del Carbon Budget è fissata a circa 130 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente. Ciò significa che, secondo gli attuali livelli di emissioni globali, la supereremo in appena 3 anni.

In breve, il lavoro fatto finora dai vari paesi del mondo non è stato sufficiente perché le emissioni di gas serra sono ancora troppo elevate. Al contrario, dal 2015 le emissioni climalteranti sono aumentate di anno in anno, ad esclusione del 2020, in cui ci fu la pandemia di Covid-19. Scienziati e climatologi di tutto il mondo hanno fissato i limiti da seguire in maniera chiara e perlopiù unanime, ma i governi non li hanno seguiti, chi per impossibilità e chi per scelta.

Il surriscaldamento globale è dunque irreversibile?

Non esiste una risposta semplice, in quanto il surriscaldamento globale può essere invertito, ma non in tempi brevi e solo a condizioni molto rigide.

Se esistesse un modo per bloccare completamente le emissioni di CO2 in atmosfera da un giorno all’altro, allora il clima potrebbe tornare ai livelli preindustriali, ma impiegherebbe millenni per farlo. Il surriscaldamento globale infatti non è solo causato dalle nuove emissioni di gas serra, ma ovviamente anche da quelle passate.

Inoltre, gran parte del calore causato dall’effetto serra è stato assorbito dagli oceani del mondo (circa il 90%). Anche se le emissioni cessassero, gli oceani impiegherebbero secoli per raffreddarsi e smettere di rilasciare il calore accumulato, mantenendo così le temperature elevate.

L’unico modo per accelerare questo processo di raffreddamento sarebbe di catturare e stoccare quanta più CO2 possibile. Purtroppo però, prelevarla direttamente dall’atmosfera è attualmente un processo molto energivoro e costoso. Gli impianti DAC (Direct Air Capture) consumano molta energia, quindi hanno un impatto positivo sull’ambiente solo se sono alimentati da energie rinnovabili o da energia prodotta in surplus che non può altrimenti essere stoccata.

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Se noi non vedremo mai gli effetti positivi della lotta al cambiamento climatico, perché preoccuparsi?

Seppur vero che la situazione impiegherà millenni per migliorare, purtroppo non è vero il contrario. A causa dell’aumento delle temperature globali, negli ultimi 50 anni i disastri naturali legati al clima si sono moltiplicati esponenzialmente. Se le temperature globali continueranno ad aumentare velocemente, allora anche i disastri legati al cambiamento climatico aumenteranno rapidamente.

Esiste un archivio internazionale per la registrazione dei disastri naturali legati al clima che avvengono in tutto il mondo. I dati mostrano un generale aumento significativo di questi eventi negli ultimi decenni. L’EM-DAT (Emergency Events Database), mantenuto dal Centre for Research on the Epidemiology of Disasters (CRED) dell’Università Cattolica di Lovanio in Belgio, raccoglie i dati da tutto il mondo e classifica come disastri naturali quegli eventi che sottostanno a condizioni specifiche.

Basti pensare che nei primi due decenni del periodo 1970-1989 ci sono stati circa 3.017 disastri naturali legati al clima. Nel decennio 2010-2019 sono stati 3.850, quindi più che raddoppiati in quanto un numero maggiore in metà del tempo.

Di per sé l’aumento del numero di eventi è già un motivo per tutelare il clima, il problema è che aumenta anche la loro durata e la loro potenza distruttiva, come avevamo già spiegato in questo articolo.

I dati raccolti in tutto il mondo nel corso di anni dimostrano che il surriscaldamento globale è purtroppo un problema reale. Si tratta probabilmente della crisi più grande che l’uomo deve affrontare, riguarda il mondo intero, e si fa ogni giorno più grave. Di fronte alle evidenze scientifiche, le economie e le politiche mondiali devono trasformarsi per il bene dell’umanità.

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