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La silvicoltura è l’insieme di attività che consentono di controllare crescita, composizione, struttura e qualità di boschi e foreste e, per quanto possa sembrare controintuitivo, il modo migliore per assicurarsi che sia sostenibile non è lasciare le foreste a sé stesse.
Tutte le attività legate alla valorizzazione dei boschi fanno parte della silvicoltura: abbattimento degli alberi, escursioni naturalistiche, raccolta di funghi, piantumazione di nuovi alberi, ecc…
Si tratta di tutte quelle attività assimilabili allo sfruttamento di risorse forestali, ma che sono eseguite seguendo rigorosi criteri di gestione e protezione dei boschi. Le attività di silvicoltura devono seguire procedure legali di gestione consapevole, pianificata e sostenibile dei boschi. Per fare un esempio estremamente semplice, basti pensare che in Italia, per ogni taglio di bosco demaniale è necessaria un’autorizzazione dagli enti forestali regionali. Autorizzazione che per essere rilasciata deve essere coerente con il piano di assestamento forestale vigente in quel momento ed in quel luogo.
Ma perché allora non si possono semplicemente lasciare le foreste a sé stesse, se la natura è per definizione autoregolante?
Di fatto, la natura è autoregolante quando fa parte di sistemi chiusi non influenzati da fattori esterni. Nei sistemi ecologici stabili, piante e animali interagiscono e creano un equilibrio dinamico. Equilibrio che tende a ristabilirsi anche dopo eventi naturali cataclismatici come forti tempeste ed incendi boschivi naturali.
Quando però un bosco è vicino, e quindi a contatto, con insediamenti umani, questi finiscono inevitabilmente per influenzarlo ed esserne influenzati a loro volta. Basti pensare agli animali selvatici che possono uscire e dall’area forestale e avventurarsi tra le strade e le abitazioni in cerca di cibo. Oppure alle persone che possono inavvertitamente causare incendi boschivi durante un picnic. In casi come questo l’attività di selvicoltura è necessaria per tutelare sia il bosco, sia le persone che vivono nelle sue vicinanze.
Per quelle enormi foreste isolate e lontane dall’essere umano invece, il completo “abbandono” è la migliore forma di gestione che l’umanità può avere per loro.
Attività principali della silvicoltura
Come anticipato, la silvicoltura è la pratica di coltivare, gestire e curare boschi e foreste per ottenere benefici, economici, ambientali e sociali, in maniera sostenibile.
Di fatto, le attività che rientrano in questo ambito sono molteplici, ma le più importanti sono otto: impianto e rinnovazione, cure colturali, difesa fitosanitaria, gestione della biodiversità, protezione di suolo e acque, prevenzione e lotta agli incendi, pianificazione e monitoraggio, ed infine raccolta del legname.
- Impianto e rinnovazione sono la semina o piantumazione di nuove piante, non solo nei boschi, ma anche in quelle aree degradate che da recuperare e risanare. Oltre a gestione e monitoraggio del rinnovamento che avviene naturalmente (quanti nuovi alberi e piante nascono naturalmente, quanti attecchiscono, ecc.)
- Le Cure colturali sono interventi come gli sfolli (la rimozione di alcune piante giovani, deboli o malate, per ridurre competitività e facilitare la crescita di individui più sani), i diradamenti (abbattimenti di piante mature per migliorare la crescita e la qualità degli alberi rimanenti) e le potature.
- La difesa fitosanitaria è la prevenzione, controllo e cura delle malattie, dei parassiti e di eventuali specie invasive. Può avvenire sia utilizzando prodotti chimici appositi, sia tramite pratiche meno invasive quali l’utilizzo di feromoni e trappole per gli insetti nocivi.
- La gestione della biodiversità consiste nell’insieme delle misure adottate per favorire una maggiore biodiversità di specie vegetali e animali, ed assicurarsi che non si verifichino squilibri. Ad esempio, mantenere l’equilibrio tra le popolazioni di prede e predatori, oppure installare cartelli lungo i sentieri, intimando agli escursionisti di non nutrire gli animali, o di non abbandonare rifiuti, sono misure di gestione della biodiversità.
- La Protezione del suolo e dell’acqua sono tutti gli interventi per prevenire l’erosione e proteggere le risorse idriche. Pensa ad esempio ad interventi per stabilizzare versanti montani, arginare corsi d’acqua, creare briglie e gabbioni dove la corrente è particolarmente forte. Quelle opere necessarie a controllare il flusso dell’acqua, a prevenire frane e smottamenti e a difendere le sponde dei corsi d’acqua. La gestione di sentieri e piste forestali per evitare la compattazione del suolo, e la creazione di vie preferenziali per il ruscellamento dell’acqua, che altrimenti porterebbe a fenomeni erosivi.
- La prevenzione e lotta agli incendi sono tutte quelle misure di gestione delle foreste per ridurre il rischio di incendi boschivi.
- La pianificazione e monitoraggio sono lo studio, la progettazione ed il controllo delle attività forestali per garantire la sostenibilità a lungo termine. In questo ambito rientrano i Piani di Assestamento Forestale.
- La raccolta del legname (l’abbattimento degli alberi), in ambito silvicolturale, avviene seguendo piani di gestione che mirano a garantire la rigenerazione e la salute boschivi. Si autorizza a tagliare un certo numero e tipo di alberi, in quelle zone dove la riduzione della vegetazione non arreca danni alla salute forestale.
La selvicoltura si interessa dell’intero ciclo vitale di un bosco, dalla sua eventuale creazione alla sua valorizzazione, cercando di evitare che abbia una fine. L’obiettivo è garantire la multifunzionalità dell’area boschiva: deve avere poter fornire legname senza venire snaturata, conservare la biodiversità, offrire opportunità ricreative e contribuire al benessere delle comunità.
Regolamentazione in silvicoltura
I piani di assestamento forestale sono redatti su base regionale, ma devono sottostare ad una serie di leggi e normative europee e nazionali. La UE esercita un’azione di coordinamento, fornendo un quadro normativo di riferimento, stabilendo gli obiettivi generali e fornendo eventuali strumenti di supporto. Gli stati membri però, hanno la libertà di definire le proprie politiche forestali nel dettaglio.
A livello europeo le normative più importanti in materia di silvicoltura sono la Direttiva Habitat (92/43/CEE), che ha lo scopo di proteggere habitat e specie selvatiche, vegetali e animali.
La Direttiva Uccelli (2009/147/CE), che protegge tutte le specie di uccelli selvatici, i loro nidi, le uova e gli habitat.
Il Regolamento sul ripristino della natura (Regolamento UE 2024/2042 del Parlamento europeo e del Consiglio), entrato in vigore da poco, il quale impone l’adozione di misure di ripristino per almeno il 30% degli habitat terrestri considerati in pessime condizioni entro il 2030, con obiettivi crescenti fino al 2050.
Il Regolamento Legno (EUTR – EU Timber Regulation) (Regolamento UE n.995/2010) che vieta l’immissione sul mercato dell’UE di legname e prodotti derivati dal legname raccolto illegalmente. La sua adozione ha spinto una maggiore tracciabilità e legalità della filiera del legno, innovando le pratiche di raccolta e commercializzazione interne all’UE.
Normativa nazionale
Il quadro normativo italiano concernente la legislazione forestale ha visto numerosi aggiornamenti nel corso degli anni. Non solo per adeguarsi alle normative europee, ma anche a causa delle nuove esigenze e del maggiore interesse verso la protezione ambientale.
La legge attuale più importante a cui la silvicoltura fa riferimento è il Decreto Legislativo n. 34 del 3 aprile 2018, che prende il nome di “Testo Unico in materia di Foreste e Filiere Forestali” o TUFF. Questo decreto ha abrogato il precedente D. Lgs. 227/2001 e ha la funzione di indirizzo e coordinamento dell’intero settore forestale. Ha diversi scopi e obiettivi, ma i principali sono la promozione della gestione attiva e razionale del patrimonio forestale, la tutela dell’economia boschiva e relativa filiera del legno, la protezione, programmazione e pianificazione degli interventi forestali, il riconoscimento dei gestori forestali come erogatori di servizi ecosistemici e la determinazione i criteri minimi nazionali per la creazioni dei piani forestali.
Il TUFF è una legge quadro e quindi necessita di numerosi decreti attuativi per stabilire con precisione i suoi criteri e modalità di applicazione. Elencarli tutti sarebbe davvero troppo lungo, ma tra questi ci sono i decreti sulla strategia forestale nazionale, quelli con i criteri minimi per l’elaborazione dei piani di gestione forestale, le opere connesse alla gestione dei boschi, e per la formazione degli operatori forestali e l’iscrizione agli albi delle imprese forestali.
Un’altra norma importantissima è il codice dei beni culturali e del paesaggio (Decreto Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42). Questo decreto protegge i territori coperti da foreste e boschi per il loro “interesse paesaggistico”, vincolandoli. Grazie a questa norma, ogni intervento di trasformazione del bosco o del paesaggio forestale deve seguire regole paesaggistiche specifiche.
Altre norme in materia ambientale sono il decreto Legislativo 3 aprile 2006, n.152, che contiene disposizioni in materia di valutazione ambientale strategica, valutazione di impatto ambientale, tutela delle acque, difesa del suolo, prevenzione e risanamento del danno ambientale, che possono impattare la gestione forestale.
Ed infine è giusto citare la Legge-quadro sugli incendi boschivi (Legge 21 novembre 2000, n. 353). Legge che regola la prevenzione e la lotta agli incendi boschivi, con le relative implicazioni su gestione e manutenzione delle aree forestali.
Normativa regionale sulla silvicoltura
Secondo l’articolo 117 della Costituzione italiana, le Regioni detengono la potestà legislativa concorrente in materia di agricoltura e foreste. Pertanto, le regioni legiferano in queste materie, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, tenendo conto delle diverse esigenze territoriali e paesaggistiche.
Tutte le regioni hanno una propria legge forestale che integra e specifica le normative nazionali, adattandole alle peculiarità del proprio territorio e delle proprie tipologie forestali. La macchia mediterranea in Sicilia ha esigenze e caratteristiche diverse rispetto alle foreste di conifere sulle Dolomiti.
Queste leggi disciplinano l’approvazione dei PAF e dei Piani di Gestione Forestale (PGF) per i boschi pubblici e privati (solitamente obbligatori sopra una certa superficie, che varia da regione a regione). Stabiliscono le modalità e i limiti degli interventi selvicolturali (tagli, rimboschimenti, ecc.) in assenza di un PAF specifico. Determinano gli incentivi e i contributi per la gestione forestale, e la formazione degli operatori forestali.
Cambiamento climatico
Il cambiamento climatico sempre più marcato richiede un adattamento continuo e attento delle pratiche silvicolturali. Ad oggi, gestire le foreste in modo sostenibile è fondamentale per combattere i cambiamenti climatici. Questo per la capacità delle foreste di catturare CO2 e produrre ossigeno, e perché le aree boschive mitigano il clima, evitando caldi e freddi estremi. La ricerca scientifica e il monitoraggio costante delle risorse boschive sono alla base dello sviluppo di approcci innovativi e basati su prove certe, così da garantire la tutela a lungo termine di ecosistemi vitali per l’umanità.
Il surriscaldamento globale causa eventi meteorologici estremi più numerosi e potenti in tutto il mondo. Ogni anno si verificano più piogge torrenziali che causano allagamenti ed erosione del territorio, e stagioni calde più siccitose e durature.
Le foreste che non vengono gestite correttamente, in particolare quelle abbandonate dopo lo sfruttamento umano, possono evolversi in modi che limitano la naturale capacità di contrastare il dissesto idrogeologico, aumentando così il rischio per animali e persone che vivono o frequentano quelle zone.
La FAO sostiene che le foreste hanno un ruolo cruciale nell’assicurare la sostenibilità ambientale e la fornitura continua di beni e servizi ecosistemici tra cui, appunto, l’assorbimento di carbonio. I Paesi che hanno aderito alla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC – United Framework Convention on Climate Change) e agli accordi successivi utilizzano i dati degli inventari forestali nazionali per valutare l’assorbimento di carbonio derivante dall’uso del suolo, dai cambiamenti nell’uso del suolo e dalle foreste.