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La cattura della CO2 è una delle tecnologie utili all’umanità per contrastare i cambiamenti climatici.
La tecnologia per la cattura della CO2 non è così recente come si possa credere: le prime applicazioni risalgono agli anni 60, nel programma spaziale. All’epoca lo scopo era quello di eliminare l’anidride carbonica dagli abitacoli delle navicelle spaziali, per permettere agli equipaggi di respirare aria pulita. Con il sempre più grande problema dell’inquinamento però, si è cominciato a studiare applicazioni di questa tecnologia per provare a contrastarlo.
La maggioranza dei metodi per la produzione di energia elettrica e calore, o per la propulsione di veicoli, si basano sul processo di combustione. Queste tecnologie hanno come conseguenza la produzione di CO2 ed altri gas inquinanti quali ossidi di azoto, monossido di carbonio e particolato.
Prima di addentrarci nelle varie tecniche per la cattura della CO2 bisogna specificare che esse da sole non rappresenteranno mai una soluzione al problema. È necessario integrare tra loro le diverse strategie di decarbonizzazione, bilanciando aspetti di fattibilità tecnica, impatto ambientale e sostenibilità economica.
La cattura della CO2 è principalmente applicata su impianti di produzione energetica e industriali, non ha applicazioni sui mezzi di trasporto, se non in via sperimentale.
Come nasce questa tecnologia?
La strategia di base nella cattura della CO2 punta sull’utilizzare i processi di separazione dei gas, già in uso nell’industria chimica. Molto semplicemente si separa e trattiene la CO2 dal flusso di prodotti di combustione. Questo diossido di carbonio, viene poi conservato in siti di stoccaggio permanenti, oppure utilizzato per fabbricare prodotti contenenti carbonio, come cemento, plastiche e biocombustibili. Può anche essere sottoposto in parte all’una ed in parte all’altra delle due operazioni. I siti per lo stoccaggio permanente della CO2 sono formazioni geologiche profonde, come ad esempio formazioni acquifere saline oppure giacimenti di gas o petrolio ormai esauriti. Esistono già diversi siti di stoccaggio della CO2 che sono operativi e controllati da decenni. Questi siti sono in Norvegia, Canada, USA ed Australia e stoccano circa 8 Mt di CO2 all’anno. Secondo l’IEA, la capacità degli stoccaggio di CO2 nel mondo è tra 8.000 e 55.000 GtCO2, largamente superiore alla quantità di 220 GtCO2 che dovrebbe essere catturata nel periodo 2020-2070 per raggiungere gli obiettivi di “net zero CO2” prefissati per il 2050.
Uno dei primi siti ad implementare questa tecnologia è stato l’impianto off-shore di Sleipner dove dal 1996 si estrae gas naturale composto circa al 9% da CO2. Molta di questa CO2 deve essere rimossa per soddisfare le specifiche di qualità del gas naturale commercializzato. Per evitare l’imposta applicata in Norvegia sulle emissioni di CO2 in atmosfera, fu affiancato all’impianto un processo di cattura e stoccaggio della CO2 rimossa nel processo di “purificazione” del gas. Fino ad ora 16 Megatonnellate di CO2 sono state stoccate in un acquifero salino posto circa 1000 m al di sotto del fondale marino.
I metodi per la cattura della CO2 si dividono in 3 categorie principali
- Cattura post-combustione
- Cattura pre-combustione
- Cattura ossi-combustione
Post-combustione
Nei processi di cattura post-combustione, la CO2 è separata dai fumi alla fine del processo di combustione necessario alla produzione di energia. Le tecnologie più utilizzate si basano su processi di assorbimento con solventi affini alla CO2, quali le ammine in soluzione acquosa. Si tratta di sostanze che si legano alla CO2 e la possono poi rilasciare, dopo essere state riscaldate a certe temperature.
Test recenti effettuati presso il centro di Mongstad confermano che le ammine riescono a raggiungere livelli di cattura del 90% con consumi specifici di calore richiesto per la rigenerazione del solvente, che potrà poi essere riutilizzato, in linea alle previsioni fatte su base teorica nella letteratura scientifica. In questo tipo di applicazione, per via del consumo di calore necessario a rigenerare il solvente, l’efficienza della centrale elettrica è minore rispetto a impianti in cui la cattura non avviene. Separare un gas da una miscela di gas non può avvenire spontaneamente, ma richiede un consumo energetico aggiuntivo. Tale riduzione di rendimento è stata quantificata in ormai centinaia di studi effettuati da centri di ricerca, enti governativi ed aziende.
Questa riduzione di efficienza ha come risultato un maggiore costo dell’energia, dovuto a un costo maggiore dell’impianto rispetto ad uno sprovvisto della cattura di CO2. A questo si deve aggiungere una resa ridotta perché a parità di energia prodotta, l’impianto con cattura di CO2 ha consumato più combustibile.
Esistono tecnologie per la cattura CO2 dai fumi che non ricorrono ai solventi basati su ammine: si tratta di membrane polimeriche, materiali adsorbenti e solventi innovativi, celle a combustibile a carbonati fusi.
Il principale vantaggio dei sistemi di cattura post-combustione rispetto agli altri è la possibilità di applicarli agli impianti già esistenti (centrali termoelettriche a gas naturale o a carbone, caldaie, oltre a processi industriali in genere che abbiano emissioni di CO2).
Pre-combustione
Si parla di pre-combustione quando la cattura della CO2 avviene prima del processo di combustione. Per fare ciò, il combustibile di partenza è convertito in idrogeno e CO2 tramite processi appositi. Dopodichè si trattiene la CO2 prima della combustione, tramite processi di separazione dei gas. L’idrogeno prodotto è utilizzato per produrre energia elettrica in turbine a gas, cicli combinati o celle a combustibile ad alta efficienza. Altri utilizzi dell’idrogeno oltre la prodizione di energia sono la mobilità, oppure l’industria chimica. I processi di gassificazione e reforming congiunti a processi ausiliari di water gas shift e separazione della CO2 dal syngas sono utilizzati da oltre cinquant’anni in campo industriale per produrre idrogeno, ammoniaca e fertilizzanti. Esistono centinaia di impianti di questo tipo nel mondo e quasi tutti rilasciano in atmosfera la CO2 separata. Questo per via dell’assenza di siti di stoccaggio adiacenti all’impianto e della mancanza di un’infrastruttura per il trasporto della CO2.
Nella produzione di energia elettrica, la via pre-combustione è poco utilizzata perché l’investimento necessario a realizzare l’impianto è superiore alle altre soluzioni. Viceversa, la via pre-combustione tramite reforming del gas naturale o gassificazione delle biomasse o del carbone può essere economicamente molto competitiva per la poligenerazione di idrogeno (blu o verde), combustibili decarbonizzati ed energia elettrica.
Ossi-combustione
La cattura di CO2 con sistemi ad ossi-combustione è molto promettente. Il principio è quello di usare un processo di separazione aria, uno tra quelli utilizzati per produrre ossigeno per gli applicazioni medicali, chimiche e le acciaierie. Così si può separare l’ossigeno dall’azoto, ed utilizzare quindi il solo flusso di ossigeno per il processo di combustione. Così facendo, i prodotti di combustione non sono diluiti dall’azoto presente nell’aria e contengono quasi esclusivamente CO2 ed H2O. Da questi fumi, il calore può produrre energia elettrica entrando in un qualsiasi impianto a ciclo termodinamico, mentre la CO2 è separata per raffreddamento e condensazione dell’acqua. In questi sistemi c’è un consumo energetico aggiuntivo rispetto ad impianti senza cattura, si tratta dell’energia elettrica necessaria ai compressori dell’unità di separazione dell’aria.
Il vantaggio maggiore dei processi ad ossi-combustione è l’assenza di un camino e di emissioni di inquinanti. Gli “scarti” dell’ossi-combustione (vapore acqueo e CO2) sono convogliati dove il vapore condensa ed esce come acqua, mentre la CO2 viene catturata per un successivo sequestro o riutilizzo. Con questo sistema si può trattenere quasi il 100% della CO2, risultato quasi impossibile con gli altri metodi. Un ulteriore vantaggio è che non richiede solventi chimici: il processo di separazione dell’aria è ottenuto tramite compressione e liquefazione dell’ossigeno a temperature criogeniche. La separazione finale della CO2 dai fumi avviene per semplice condensazione dell’acqua. Per questi motivi i cicli ad ossi-combustione sono tra le tecnologie più promettenti in questo campo.
La cattura della CO2 è sostenibile?
Come abbiamo visto, catturare la CO2 ha maggiori costi energetici, cosa che si traduce anche in maggiori costi economici. Molti dei detrattori di questa tecnologia sostengono che sia insensato spendere energia e quindi produrre più CO2 per catturarne altra. Tralasciando il lato puramente economico però, bisogna tenere conto della CO2 emessa in atmosfera alla fine del processo e non di quella prodotta nel suo svolgimento. Se un normale processo industriale producesse e rilasciasse 100 t di CO2, ma con affiancato un impianto di cattura ne producesse 130, per rilasciarne però solamente 70 (numeri usati solamente a scopo esemplificativo), risulta palese che l’implementazione della cattura di CO2 sia valida.
La cattura CO2 è una delle tecnologie disponibili per ridurre le emissioni e rendere economicamente più sostenibile la transizione verso un sistema energetico decarbonizzato. Ad oggi, gli impianti a energia solare o eolica con la capacità di produrre energia elettrica tutto l’anno ed erogarla secondo le esigenze delle utenze richiederebbero sistemi di accumulo costosi, la cui realizzazione sarebbe fisicamente impossibile a causa della mancanza di materie prime. La cattura della CO2 è utile soprattutto nei settori industriali dalle emissioni di difficile abbattimento, come i cementifici e le acciaierie. La cattura CO2 inoltre, non è limitata dove si utilizzano combustibili fossili ma può essere applicata anche a rifiuti e biomasse, rendendo così possibile realizzare impianti ad emissioni negative di CO2. L’utilità della cattura CO2 è riconosciuta anche dall’International Energy Agency che ha analizzato ed individuato la roadmap per raggiungere lo scenario “net zero CO2 by 2050” nel modo più sostenibile possibile. Nella roadmap pubblicata, a livello globale, nel 2030 devono essere catturate 1.6 Gt CO2/anno che aumenteranno a 7.6 Gt CO2 nel 2050. Il 95% della CO2 catturata deve essere stoccata, mentre il restante viene riutilizzato per produrre combustibili sintetici.