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Animali e Cambiamento Climatico

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Gli animali sono tra le principali vittime inconsapevoli del cambiamento climatico: pur non influendo su di esso, ne subiscono tutti gli effetti negativi

Il cambiamento climatico costringe animali e persone ad adattarsi a nuove e più restrittive condizioni di vita. Ma quanto è difficile per un animale adattarsi alle nuove condizioni climatiche?

Purtroppo è quasi sempre estremamente difficile, se non addirittura impossibile. La rapidità con cui stiamo modificando e stravolgendo gli ecosistemi globali sta diventando un flagello per moltissime specie. La maggior parte degli animali infatti, non possono o non riescono ad adeguarsi al “nuovo” ambiente creato dall’uomo.

Tutto ciò non vale solo per gli effetti visibili e misurabili di questi cambiamenti, come l’acqua del mare troppo calda per alcune specie o l’aria irrespirabile per via delle polveri sottili per altre. In un report del 2019 dell’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services, si evidenzia che la crisi climatica è un fattore di rischio cruciale per l’estinzione di numerose specie. Parzialmente a causa del suo impatto sull’habitat, che riguarderebbe già il 47% dei mammiferi e il 23% degli uccelli.

Il clima colpisce anche a livello biologico i singoli animali

Confrontando i risultati di numerosi studi sul rapporto tra clima e scomparsa di fauna o flora, e incrociando i dati climatici di 581 luoghi diversi e le rilevazioni relative a 538 specie, è stato possibile capire quali specie subiscono di più le conseguenze dei cambiamenti climatici.

Il fattore più impattante è la siccità, seguito immediatamente dall’aumento temperature massime. Picchi di calore più intensi e duraturi portano l’organismo agli estremi della sopravvivenza. Ciò significa che gli animali devono sopravvivere in condizioni profondamente diverse da quelle in cui hanno vissuto per millenni.

Così, siccità e picchi di caldo, spesso concorrenti, si riveleranno fatali. Un team di ricerca dell’Università dell’Arizona ha concluso che circa l’80% delle specie che ha analizzate potrebbe non sopravvivere alle massime annue che colpiranno i loro habitat nei prossimi cinquant’anni.

Effetti del cambiamento climatico sul comportamento degli animali

Una relazione pubblicata su OIKOS, cioè la revisione di ben 192 studi, rivela come il riscaldamento globale ed i suoi effetti stanno portando diversi animali a modificare il proprio comportamento. Dove con comportamento si intende la socievolezza, il grado di aggressività e le attività esplorative.

Questa relazione ha raccolto e confrontato i dati comportamentali di più di 100 specie animali di diversi tipi: pesci, uccelli, crostacei e mammiferi. I dati sono stati raccolti nel corso di studi specifici per ciascuno di questi animali ed i relativi tratti comportamentali. I ricercatori hanno così individuato quelli più sensibili a variazioni causate dai cambiamenti climatici. Lo studio si è concentrato particolarmente su cinque fattori: aggressività, attività nel corso della giornata, coraggio (o sfacciataggine), socievolezza e spinta a esplorare il proprio ambiente.

I risultati hanno evidenziato che tutti e cinque i tratti comportamentali menzionati vengono influenzati significativamente dai cambiamenti climatici. Negli uccelli ad esempio, temperature più alte durante la stagione riproduttiva portano molte specie a diventare più aggressive nei confronti dei rivali. Lo stesso si può affermare per molti pesci: quando l’acqua diventa più calda, questi mostrano tratti più violenti.

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Il tratto comportamentale più influenzato dai cambiamenti climatici però, è la spinta all’esplorazione.

Un animale “esploratore” è più portato a lasciare la tana e cercare nuove possibili zone di approvvigionamento di cibo. Secondo i risultati dello studio, i cambiamenti climatici portano la maggior parte degli animali (eccetto certi pesci) ad una minore spinta all’esplorazione. Questo si riflette in un approccio più prudente e conservativo.

Dai risultati di un’altra ricerca recente, sembrerebbe che gli animali più prudenti e meno esploratori resistono meglio ai rapidi cambiamenti ambientali, quantomeno se confrontati con individui della stessa specie più intraprendenti.

In definitiva, il cambiamento climatico potrebbe spingere molti animali a diventare più prudenti e a sopravvivere con meno risorse. Sul breve periodo questa pare essere la strategia vincente, ma i dati necessari per decretare se sarà ugualmente efficace negli anni sono ancora insufficienti.

Effetti del cambiamento climatico sul corpo degli animali

In biologia esiste la regola di Allen, secondo la quale appendici come i becchi degli uccelli e le orecchie dei mammiferi sono utili agli animali per disperdere calore. Proprio queste appendici, negli esemplari più esposti al cambiamento climatico e che non modificano il proprio comportamento, stanno mutando a ritmi estremamente rapidi rispetto a quelli osservabili in un’evoluzione “regolare”.

Gli esperti sono preoccupati da questo “adattamento” in quanto non sono a conoscenza degli eventuali effetti negativi correlati al mutamento. Come se non bastasse, non si sa esattamente quante e quali siano tutte le specie coinvolte.

Alcune specie stanno intraprendendo un vero e proprio niche shift, cioè il cambiamento di nicchia ecologica. Tramite cambiamenti morfologici (come ad esempio un becco più grande o più lungo) e/o comportamentali (come una dieta diversa) è possibile un adattamento che può permettere la sopravvivenza della specie.

Uno studio congiunto australiano e canadese, pubblicato sulla rivista scientifica Trends in Ecology & Evolution, ha rilevato una sorta di evoluzione accelerata in alcune specie animali, attribuendola alla crisi climatica. Una caratteristica ricorrente osservata dai ricercatori è un aumento delle dimensioni dell’apertura alare degli uccelli. Questo permette ai volatili di disperdere più calore e di volare con meno dispendio di energia.

In alcune lucertole caraibiche sono state scoperte mutazioni delle zampe: quelle anteriori sono diventate più lunghe e forti, mentre quelle posteriori più corte. Questa parrebbe una risposta alla crescente intensità degli uragani, dato che per via del cambiamento climatico questi eventi meteorologici stagionali sono sempre più impetuosi e frequenti. Le lucertole che hanno manifestato la mutazione sembrano resistere meglio alle raffiche di vento e a non essere spazzate via.

I mutamenti morfologici sono diffusi in tutto il regno animale.

Uno studio condotto sui corpi di oltre 70mila uccelli di 52 specie diverse, ha rilevato che negli ultimi quarant’anni le dimensioni corporee dei volatili sono diminuite, mentre la loro apertura alare è cresciuta. Diverse specie di pappagalli australiani hanno mostrato, in media, un aumento del 4%-10% delle dimensioni del becco dal 1871. Un dato strettamente legato all’andamento delle temperature estive, anno dopo anno.

In diverse specie di mammiferi invece, si sono visti altri cambiamenti, come l’allungamento della coda e/o delle zampe.

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Quanto sono efficaci gli adattamenti degli animali?

Valutando le strategie di adattamento utilizzate, che si tratti del cambiamento di nicchia, o della migrazione in ambienti diversi, le specie che sembrano essere in serio pericolo potrebbero scendere fino a percentuali tra il 15 e il 30%.

Si tratta tuttavia di ipotesi e previsioni molto ottimistiche e non interamente giustificate. Questo perché basate su dati provenienti da studi mirati su specie native di un certo tipo specifico di ambiente. Ma soprattutto limitati a insetti e uccelli, tralasciando la maggior parte degli altri animali marini e terrestri. Su di essi la nostra conoscenza riguardo la loro flessibilità verso la crisi climatica è estremamente limitata.

È inoltre necessario ribadire che le strategie evolutive non si traducono automaticamente in una risposta adeguata degli animali al cambiamento climatico. Al contrario, significa che alcuni stanno riuscendo a forzare i tempi evolutivi per sopravvivere, ma che non sappiamo quanto ancora sia possibile farlo, né quali saranno le conseguenze ecologiche a lungo termine di questi cambiamenti.

Questi adattamenti quindi sono da considerarsi un bene o un male?

C’è spesso molta confusione sul concetto stesso di evoluzione. La selezione naturale è un processo molto legato al caso, in cui le mutazioni del DNA possono rappresentare in ugual misura dei vantaggi e non per la sopravvivenza. Per una miriade di ragioni le mutazioni vengono trasmesse alle generazioni successive. Gli esempi riportati qui sopra potrebbero anche rivelarsi deleteri, ma la verità è che non si sa ancora molto a riguardo.

Si tratta comunque di strategie di resistenza e adattamento in risposta ad un problema reale ed incombente. Strategie che gli esseri umani stanno adottando a loro volta, anche se in misura minore e molto più lentamente.

Se il nostro sistema di termoregolazione non riesce a tenere il passo con l’aumento delle temperature globali, la conseguenza sarà fatale. Per gli individui più fragili bastano una temperatura di 40° C ed elevate condizioni di umidità perché l’organismo ceda. Si tratta di temperature che vengono raggiunte e superate con sempre più frequenza in estate.

Circa il 30% della popolazione mondiale è esposta a temperature che superano la soglia di allarme per almeno 20 giorni all’anno.

Tutti gli animali stanno cercando di adattarsi al cambiamento climatico, uomo compreso, ma la risposta potrebbe essere troppo lenta o inadeguata. Solo il tempo saprà dire chi ha avuto successo nella lotta per la sopravvivenza.

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