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Concettualmente molto più recenti rispetto ad altri metodi di utilizzo delle fonti rinnovabili, le centrali a energia mareomotrice sfruttano la forza del mare per produrre energia elettrica.
Si tratta di una tecnologia non ancora sviluppata appieno, che presenta diverse difficoltà di realizzazione. L’energia del mare e del moto ondoso è soggetta a grandi variazioni e forze la cui intensità può essere estremamente diversa da un giorno all’altro.
Tuttavia il potenziale energetico è pressoché infinito e completamente rinnovabile, quindi la ricerca in tal senso è spedita e costante. Le centrali a energia mareomotrice sono sempre più diffuse e sempre più efficienti.
Come sono fatte le centrali a energia mareomotrice?
Esistono tipi molto differenti tra loro di questo tipo di centrale. La prima distinzione che bisogna fare è tra quelle che sfruttano il moto ondoso, quelle che utilizzano le correnti marine, le centrali a gradiente termico, e quelle che invece utilizzano il gradiente salino.
Per centrale a energia mareomotrice, solitamente si fa riferimento però a quelle che sfruttano i movimenti di alta e bassa marea.
Questi impianti sono di grandi dimensioni, necessitano di importanti opere di sbarramento delle acque come dighe e chiuse, e di un bacino di accumulo. La produzione di energia elettrica avviene tramite delle turbine idrauliche come nelle classiche centrali idroelettriche.
Il funzionamento di questi impianti si può dividere in due fasi, quella di alta marea e quella di bassa marea.
Nella fase di alta marea le chiuse vengono aperte per riempire il bacino di acqua così da accumulare energia potenziale. Durante questo processo, l’acqua passa attraverso le turbine e produce energia elettrica. Nella successiva fase di bassa marea, si procede ad rilasciare gradualmente l’acqua dal bacino. Tornando al mare, l’acqua passa nuovamente attraverso le turbine e produce di nuovo energia elettrica.
Centrali a moto ondoso
Sfruttano l’energia cinetica delle onde per trasformarla in energia elettrica e ce ne sono numerosi tipi diversi.
Sistema a salto idrico
In questo tipo di centrale, le onde vengono incanalate in un canale di larghezza progressivamente decrescente. Può essere costruita in un’insenatura tra le rocce, o mediante rampe artificiali. Tramite questo sistema le onde raggiungono altezze superiori e possono riempire un bacino elevato rispetto al livello del mare. Il principio ha il nome di concentrazione o focalizzazione delle onde. Il deflusso continuo dell’acqua raccolta, grazie ad apposite costruzioni, e il passaggio attraverso turbine idrauliche simili a quelle negli impianti idroelettrici (link interno centrali idroelettriche) comuni permette la generazione di energia elettrica. Esistono alcuni prototipi di questo tipo centrale con potenza di 4-7 MW. Sono dimensioni considerevoli, dato il loro ingombro orizzontale di circa 200-300 metri, comprensivi del bacino, dello “scivolo” e delle paratie laterali per il convogliamento dell’acqua in arrivo.
Sistema a oscillazione per inerzia
Questo sistema è costituito da uno scafo galleggiante asimmetrico, sigillato con al suo interno uno o più sistemi giroscopici collegati ad altrettanti generatori. Le onde provocano il beccheggio dello scafo, ancorato al fondale, ma comunque libero di muoversi e oscillare. Il beccheggio muove il giroscopio collegato al generatore che lo trasforma in energia elettrica.
Sistema a colonna d’acqua oscillante
Questi impianti sorgono direttamente sul mare grazie ad insenature naturali o scavando conche artificiali sulla costa. Si tratta di una struttura vuota, fatta di acciaio o calcestruzzo, senza fondo e parzialmente immersa in mare. Nella parte superiore è piazzata una turbina Wells, usata per convertire l’alimentazione pneumatica creata dal moto ondoso. Il movimento delle onde crea una corrente d’aria all’interno della struttura: quando l‘onda sale l’aria si sposta verso l’alto facendo girare la turbina in senso antiorario per poi uscire attraverso degli ugelli. Quando l’onda scende l’aria occupa nuovamente il posto lasciato libero dell’acqua e farebbe così girare la turbina nel senso opposto. Questo movimento in senso orario e antiorario della turbina farebbe perdere molta energia. Ogni onda, farebbe accelerare, decelerare e invertire il senso di marcia, ma per evitare questo problema si usano turbine Wells, la cui peculiarità è di girare sempre nello stesso senso, indipendentemente dal flusso d’aria che le attraversa.
Il movimento della turbina è collegato ad un generatore che trasforma l’energia cinetica in energia elettrica.
Sistema ad ondata
Questo sistema si basa sullo stesso principio di quello a colonna d’acqua, ma senza sfruttare grandi costruzioni. In questo tipo di impianto una sacca d’aria flessibile, è ancorata ad un galleggiante. Quando questo è investito dalle onde, la sacca si gonfia e sgonfia come un mantice. L’aria che entra ed esce dalla sacca, attraverso un’apertura superiore fa girare una turbina che alimenta un generatore.
Sistema ad ampiezza d’onda
Si tratta di una lunga struttura galleggiante semisommersa, composta da diversi elementi lunghi uniti in successione con degli snodi particolari. La struttura muove per via delle onde cambiando l’inclinazione relativa di ciascun elemento. Questo movimento aziona degli speciali pistoni idraulici posizionati in corrispondenza dei giunti, i quali muovono un fluido, in pressione all’interno. A sua volta, il fluido azionerà un motore idraulico, posto all’interno di uno degli elementi, il quale collegato ad un generatore elettrico convertirà la forza cinetica in energia elettrica.
Questo tipo di impianti può raggiungere anche i 100 metri di lunghezza e le sue notevoli dimensioni lo rendono un potenziale ingombro per la navigazione.
Sistemi a impianto sommerso
Questo tipo di strutture sfrutta il principio di Archimede, si tratta di impianti sommersi e fissati al fondo del mare. La parte superiore della struttura è costituita da un cilindro cavo libero di muoversi in verticale, grazie al cambiamento di pressione idrostatica causato dal passaggio delle onde. Questo movimento fa “gonfiare e sgonfiare” una camera d’aria posta all’interno della struttura. L’energia meccanica generata in questo modo viene trasformata in energia elettrica grazie ad un generatore apposito.
Centrali a gradiente salino
Un sistema a gradiente salino è formato da due compartimenti, divisi da una membrana semipermeabile: uno contiene acqua dolce, mentre l’altro acqua salata. L’acqua salata contiene una maggiore concentrazione di sali minerali disciolti rispetto all’acqua dolce. Grazie a questa differenza, in corrispondenza della membrana si instaura un gradiente di concentrazione, il quale costituisce la forza spingente per la produzione di energia. A causa del gradiente salino, le molecole di acqua presenti nell’acqua dolce tendono naturalmente a trasferirsi nell’acqua salata per pareggiare le concentrazioni saline delle due soluzioni acquose. Il sale però non può attraversare la membrana in senso inverso, dato che la grandezza dei pori della membrana permette solo il passaggio dell’acqua. Il passaggio dell’acqua attraverso la membrana, fa salire il livello nello scompartimento contenente acqua salata, avviene quindi una variazione di pressione, che prende il nome di “pressione osmotica“. Questa pressione viene utilizzata solitamente attraverso una turbina per generare energia, che può essere successivamente convertita in energia elettrica.
Solitamente si costruiscono più celle di questo tipo in serie, in modo da ottenere impianti di maggiore potenza.
Generalmente vengono costruite vicino alle foci dei fiumi da avere così facile accesso sia all’acqua dolce, sia a quella salata.
Centrali che sfruttano le correnti marine
Concettualmente questo tipo di impianti è simile ad un parco eolico, con la differenza che, anziché sfruttare il vento per far muovere le pale, approfitta delle correnti d’acqua marina. Come le pale eoliche, sono formate da una navicella, una o più pale e la torre che è ancorata al fondale. Tutti i componenti sono studiati appositamente per resistere all’acqua salata e alla forza costante della corrente marina.
A differenza delle pale eoliche però, questo tipo di impianti può vantare una produzione energetica più costante. Le correnti marine infatti sono più affidabili rispetto ai venti perché scorrono senza interruzioni durante tutto l’anno, e lo fanno quasi sempre alla stessa velocità.
Centrali a gradiente termico oceanico
Questo tipo di impianti è concettualmente identico a una normale centrale termoelettrica. Sono anche conosciute come centrali a energia talassotermica in quanto sfruttano il calore del mare per produrre vapore che fa muovere una turbina per generare energia elettrica.
Sfruttare il gradiente termico oceanico consiste nell’utilizzare la differenza di temperatura tra le acque marine di superficie e le acque di profondità. Uno sbalzo termico di appena 20 °C è sufficiente per produrre energia elettrica tramite la tecnologia OTEC: Ocean Thermal Energy Conversion.
Il calore delle acque superficiali fa evaporare un liquido di lavoro in un circuito chiuso, generalmente ammoniaca e fluoro. Si tratta di una sorgente calda sufficiente per l’alimentazione di un ciclo a vapore, con turbina e generatore elettrico. Le acque profonde aspirate in superficie, fungono da sorgente fredda, che raffredda i vapori e li fa tornare allo stato liquido, chiudendo così il ciclo. Va detto che vi sono ancora pochi impianti, caratterizzati da basse potenze e grandi costi di realizzazione. Possono essere costruiti lungo le coste oppure su apposite piattaforme galleggianti.
Quanto sono efficienti le centrali a energia mareomotrice?
Tutti questi tipi di centrali producono energia pulita, perché proveniente da fonti completamente rinnovabili.
Moto ondoso, maree, correnti marine e salinità sono fenomeni naturali che non necessitano dell’intervento umano per verificarsi. Sfruttarli per ottenere energia elettrica, non richiede estrazione e trasporto di combustibili, proprio come per il solare, l’eolico o l’idroelettrico. Quindi per utilizzarli è sufficiente la costruzione delle adeguate infrastrutture e lasciare che la natura faccia il suo corso. Altra differenza dalle fonti fossili è che il loro sfruttamento non produce CO2 o altri sottoprodotti di scarto. Fatta eccezione per le centrali a gradiente salino, le cui membrane usate vanno processate prima di essere smaltite.
Tuttavia le tipologie più efficienti di questo tipo di centrali, come quelle che sfruttano le maree e quelle a salto idrico hanno dei grossi difetti: necessitano di grandi opere ingegneristiche.
Le grandi costruzioni in cemento di cui hanno bisogno, sono un fattore enormemente impattante sull’ambiente marino e sull’erosione costiera.
Gli altri tipi di centrale, seppur meno impattanti sull’ambiente, non possono vantare una resa energetica elevata come quelle di questo tipo.
Quello che forse è lo svantaggio più grande delle centrali a energia mareomotrice però, è che sono soggette a molta corrosione per via del sale marino.
Questa condizione fondamentale della loro naturale e non modificabile collocazione, ne aumenta considerevolmente i costi di manutenzione nonché delle materie prime per la loro costruzione che devono essere più resistenti. Non solo metalli, cementi e plastiche devono essere resistenti all’erosione del sale marino, ma anche alla forza stessa dell’acqua che li colpisce e li muove nei processi di produzione energetica.
Anche la scelta del luogo dove costruirle o posizionarle non è così semplice. Si deve trovare la giusta combinazione di correnti o di onde, in base al tipo di impianto che si vuole costruire. Se il moto ondoso è troppo forte, il rischio di distruzione e perdita dell’impianto è troppo alto, viceversa se la forza delle onde non è sufficiente non si avrà una buona produzione energetica. Le correnti marine invece presentano un problema di tipo faunistico: spesso sono utilizzate da pesci e mammiferi marini nelle loro rotte migratorie. Grandi costruzioni di pale idriche rotanti rappresenterebbero un rischio mortale per loro.
Tutti gli impianti, infine, presentano il problema di essere rumorosi e disturbare l’ambiente marino anche in aree molto grandi. In acqua, le onde sonore si propagano più velocemente e più lontano rispetto all’aria.
Se è quindi vero che concettualmente l’energia mareomotrice è pulita e inesauribile, il suo sfruttamento non è semplice. In parte perché la tecnologia sta ancora venendo studiata e perfezionata per raggiungere standard adeguati. In parte perché se non realizzata con criteri ambientali rigidi porterebbe ad altre forme di inquinamento.
Le centrali a energia mareomotrice rappresentano la soluzione ecologica al fabbisogno energetico?
Non ancora.
L’energia da fonti marine ha un potenziale quasi illimitato, ma la tecnologia per sfruttarlo non è ancora adeguata.
Una volta che si saranno sviluppati a dovere i metodi e i mezzi necessari al suo utilizzo, trovando il modo di renderla produttiva in maniera continua e ambientalmente poco impattante, si potrà sfruttare l’energia del mare per la produzione di energia elettrica pulita.
Ma allo stato attuale, l’idea di essere completamente dipendenti dal mare per la produzione energetica è a dir poco utopistica.
I costi di realizzazione degli impianti sono ancora elevati sia in termini economici sia in termini ambientali. La ricerca tuttavia prosegue continuamente e negli ultimi anni si sono trovate diverse soluzioni alle varie problematiche ambientali. Utilizzando materiali compositi più resistenti e meno inquinanti, studiando impianti con forme e caratteristiche che animali e piante marini possono sfruttare a loro volta per proliferare.
In conclusione si può dire che l’obiettivo è chiaro che si sta lavorando per raggiungerlo. La speranza è di farlo prima che sia troppo tardi e che i costi per farlo siano sostenibili.
Ovviamente non ci riferiamo a costi economici, ma ambientali: si potrebbero costellare le coste di centrali a energia mareomotrice e raggiungere la totale produzione energetica da fonti rinnovabili. La distruzione degli ambienti marini però a quel punto sarebbe incalcolabile e probabilmente insanabile.
La soluzione ad un problema, per quanto grave come lo è l’inquinamento atmosferico causato dalle fonti fossili, non può e non deve essere la creazione di un altro problema come lo sarebbe la distruzione degli habitat costieri.