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L’internet è immateriale: non si può toccare fisicamente, ma per funzionare necessità di un’enorme infrastruttura fisica, e questa ha dei costi ambientali.
Data la sua natura di “servizio”, internet è visto e considerato come qualcosa di poco rilevante in senso fisico tuttavia, se si pensa che l’enorme mole di dati che lo compone non abbia alcun impatto ambientale, si sbaglia.
La tecnologia digitale è una costante nelle nostre vite, che sia in ambito lavorativo o personale, in una certa misura tutti interagiamo col mondo digitale.
La digitalizzazione sempre più diffusa si traduce in sfide ambientali significative: i data center necessari a elaborare i dati consumano enormi quantità di energia. Questo consumo energetico è dovuto principalmente alla necessità di alimentare i server e mantenerli raffreddati per evitare surriscaldamenti. La fonte da cui questa energia è ottenuta è direttamente responsabile dell’impatto ambientale che i dati digitali hanno sul clima. Anche il traffico internet contribuisce alle emissioni, poiché ogni attività online, come l’invio di email o lo streaming di video, richiede energia per il trasferimento e l’elaborazione dei dati. Ad esempio, un’ora di streaming video può generare fino a un chilogrammo di CO2.
Secondo il report Lean Ict – Towards Digital Sobriety del 2008, computer, dispositivi elettronici e infrastrutture digitali contribuivano per il 2% alle emissioni globali di CO2. Nel 2020 il valore era quasi raddoppiato, arrivando al 3,7% e si prevede che raggiungerà l’8,5% nel 2025.
Con una crescita così rapida e consistente, è fondamentale decarbonizzare il più possibile questo settore.
Non solo emissioni
Un altro grave problema dei data center è l’enorme quantità di acqua che questi necessitano per il loro raffreddamento. Nel 2021 i data center di Google negli USA hanno consumato 16 miliardi di litri d’acqua solo per il raffreddamento. Un problema non solo per molti luoghi che sono letteralmente a rischio siccità, ma anche per l’acqua potenzialmente rilasciata in ambiente ad alta temperatura.
Un impatto ambientale necessario
L’utilizzo di internet per lo scambio ed il reperimento di informazioni è ormai diventato di uso comune. Se anni fa la maggior parte degli utenti utilizzava dispositivi personali per lo stoccaggio di dati, oggi quasi tutti utilizzano i cloud. Ma i cloud seppur interamente digitali dal punto di vista degli utenti, sono pur sempre dei server fisici.
Quasi ogni studio di settore prevede una crescente dipendenza da dispositivi digitali e servizi online, nonché l’espansione delle infrastrutture necessarie a supportarli. Inoltre, uno studio condotto da Purdue University, Yale University e MIT ha evidenziato che il consumo energetico del traffico internet e dei data center continuerà a crescere esponenzialmente, contribuendo in modo significativo alle emissioni globali di gas serra. Già oggi questo settore è più impattante di tutto il trasporto aereo mondiale.
Eppure pensare di tornare indietro è improponibile, non solo per una questione di efficienza, ma per la sostenibilità ambientale stessa. Una email è meno inquinante di un fax, una videoconferenza è più ecologica di una in presenza dove i partecipanti devono viaggiare per presenziarvi. Lo smart working è meno inquinante: uno studio di ENEA ha rilevato che un dipendente che lavora per 2 giorni della settimana in smart-working può ridurre le sue emissioni legate al lavoro di circa il 40% (circa 600 kg l’anno).
Cosa fare per ridurre le emissioni dei dati digitali?
Per mitigare l’impatto ambientale del mondo digitale, sono necessarie azioni a livello istituzionale nei vari paesi del mondo. I governi devono incentivare l’adozione di tecnologie energeticamente più efficienti e promuovere l’uso di energie rinnovabili nei data center. Ad esempio, il Piano Transizione 5.0 in Italia mira a sostenere la trasformazione digitale ed energetica delle imprese, offrendo incentivi per ridurre i consumi energetici e le emissioni di CO2. Da parte loro, le aziende possono affidarsi a tecnologie di raffreddamento dei server meno energivore, e integrare l’acqua che utilizzano in sistemi di teleriscaldamento così da non sprecarla. Queste misure possono contribuire significativamente a ridurre l’impatto ambientale del settore digitale.
Azioni personali per ridurre l’impatto ambientale dei propri dati
Anche a livello personale, ci sono comportamenti che contribuiscono a ridurre le emissioni del mondo digitale. Innanzitutto, utilizzare dispositivi elettronici più efficienti e meno energivori, ridurre il tempo trascorso in streaming e preferire l’invio di email senza allegati pesanti sono alcune delle azioni che possiamo intraprendere. Inoltre, si possono supportare aziende che adottano pratiche sostenibili e fanno uso di energie rinnovabili. Se non si può fare a meno di servizi di cloud computing, scegliere quelli che utilizzano data center alimentati da energie rinnovabili può fare una differenza significativa.
Cancellare le proprie vecchie email è un piccolo gesto, ma più importante di quanto si immagini: 100 email senza allegati contribuiscono a rilasciare circa 30 grammi di co2 tramite i data center che le conservano. Considerando che nel mondo circolano circa 362 miliardi di email al giorno, pensa a quanta CO2 può essere risparmiata se tutti quanti cancellassimo le email diventate superflue.