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Le miniere hanno un impatto enorme sull’ambiente, ma grazie a tecniche moderne e pratiche ambientali corrette, è possibile limitare efficacemente le loro conseguenze spiacevoli sulla natura.
Per valutare l‘impatto dell’estrazione mineraria sull’ambiente si deve analizzare tutto il ciclo vitale del progetto: dalla fase esplorativa alla chiusura e conseguente riabilitazione dell’area interessata. A seconda del tipo di minerale da estrarre, esistono poi misure specifiche adottabili per minimizzare i rischi ambientali.
Se pensiamo a cave e miniere, vengono alla mente enormi masse di roccia movimentate, grandi impianti e macchinari che stravolgono il paesaggio ed inquinano i fiumi. Ed è innegabile che molte miniere del passato (ed in alcune parti del mondo anche quelle moderne) hanno provocato danni ingenti alla natura. Tuttavia, la moderna industria mineraria può essere resa più sostenibile tramite approcci rispettosi dell’ambiente e dell’ecologia. Oggi, esistono una serie di normative e pratiche che si devono rispettare per fare in modo che l’estrazione dei minerali, fondamentali per la società tecnologica in cui viviamo, abbia il minore impatto possibile sulla natura.
Non esiste un’unica tipologia di “miniera rispettosa dell’ambiente” standardizzata e replicabile all’infinito. Le caratteristiche specifiche dipendono dal tipo di minerale estratto, dalla geologia del sito, dal clima e dalle tecnologie a disposizione. Ci sono però una serie di principi e pratiche che si possono seguire nella realizzazione di una miniera moderna, per fare in modo che questa abbia un impatto ambientale limitato.
Pianificazione e Valutazione Ambientale.
Logicamente, i minerali possono essere estratti solo dove sono presenti, ma se questi si trovano in aree di alto valore ecologico, zone protette o siti sensibili, non si potrà procedere alla loro estrazione. Tuttavia, in casi eccezionali, se i minerali scoperti sono considerati critici (rari, strategici per l’economia o la sicurezza nazionale e con catene di approvvigionamento vulnerabili), potrebbe essere valutata una deroga al divieto. Questa eventualità è solitamente soggetta a processi di valutazione estremamente rigorosi e trasparenti. In particolare si deve dimostrare che la risorsa sia effettivamente insostituibile e di importanza cruciale per specifici settori, che non esistono alternative di approvvigionamento meno impattanti da altre aree, e che i benefici derivanti dall’estrazione superano significativamente i danni ambientali e sociali potenziali. Una volta dimostrate tutte queste criticità, dovranno comunque essere impiegate tecniche estrattive a basso impatto ambientale.
Prima di avviare qualsiasi tipo attività, si deve effettuare uno studio approfondito per identificare e valutare i potenziali impatti ambientali, sociali ed economici del progetto minerario. Questo include l’analisi della biodiversità, delle risorse idriche, della qualità dell’aria, del paesaggio e del patrimonio culturale. Lo Studio di Impatto Ambientale (SIA) è generalmente commissionato dal proponente del progetto minerario, ma la sua elaborazione è affidata a team multidisciplinari di esperti indipendenti. Questi team sono variegati ed includono esperti ambientali, sociali ed economici. L’indipendenza di questi esperti è fondamentale per garantire l’obiettività e la credibilità dello studio svolto.
Una volta completato, il SIA viene presentato alle autorità competenti per la valutazione. La denominazione e la struttura di queste autorità possono variare a seconda del paese e del livello amministrativo (nazionale, regionale, locale). In generale, si tratta di commissioni tecniche o uffici specializzati all’interno degli enti pubblici responsabili per le questioni ambientali.
Un dialogo trasparente con le comunità interessate è fondamentale per comprendere le preoccupazioni locali e rispettare le loro esigenze nel piano di gestione ambientale. Tutto ciò con la consapevolezza che una volta che il sito minerario sarà esaurito, l’ambiente in cui sorgeva dovrà essere ripristinato e restituito alle comunità locali, nelle condizioni migliori possibili.
Minimizzazione dell’Impatto e del Disturbo del Territorio da parte dell’estrazione mineraria.
Una volta aperto un sito estrattivo, si devono adottare una serie di accorgimenti, tecniche, impianti e regolamenti necessari a preservare la natura e minimizzare l’impatto ambientale.
In particolare, si devono privilegiare tecniche di estrazione selettiva: metodi di estrazione che puntano specificamente al tipo di minerale desiderato. Queste tecniche riducono la quantità di roccia sterile da movimentare e depositare, garantendo una maggiore integrità del territorio, oltre a minori emissioni di CO2.
Una misura importante e non sempre scontata è la riduzione dell’area coinvolta. Limitare al massimo l’estensione delle aree destinate alle infrastrutture minerarie come cave, discariche, impianti di lavorazione e strade, permette di impattare su un’area minore durante i lavori della miniera attiva. E, una volta che il sito minerario sarà esaurito, sarà più rapido e semplice riconsegnare alla natura l’area che esso occupava.
Dove è possibile, si devono utilizzare infrastrutture compatte e multifunzionali. Si progettano impianti che ottimizzano lo spazio e riducono l’ingombro sul territorio. Questo tipo di misura è particolarmente importante per quelle estrazioni che necessitano dell’utilizzo di risorse idriche e che devono trattare e purificare i fanghi di lavorazione prima di poterli rilasciare in natura. Minore sarà il percorso che acqua e fanghi dovranno percorrere, minore sarà il rischio di perdite e sversamenti.
Gestione Responsabile delle Risorse Idriche impiegate nell’estrazione mineraria.
La corretta gestione delle risorse idriche è fondamentale per ridurre l’impatto sull’ambiente dell’estrazione mineraria. Questa deve fare uso delle più moderne tecnologie di depurazione ed essere costantemente monitorata per evitare disastri ecologici che possono coinvolgere aree enormi e innumerevoli vite.
Si devono implementare dei sistemi di ricircolo e riutilizzo dell’acqua nei processi di estrazione e lavorazione dei minerali con lo scopo di minimizzare il consumo di acqua pulita. Le acque, inoltre, devono essere trattate per rimuovere eventuali contaminanti prima di essere rilasciate nell’ambiente, rispettando rigorosi limiti di qualità stabilita dagli enti preposti alla tutela ambientale. Le Nazioni Unite emanano le linee guida e le raccomandazioni sulle migliori pratiche ambientali nel settore minerario, compresi i limiti di qualità dell’acqua. Queste linee guida sono punti di riferimento e influenzano le normative nazionali, ma non hanno di per sé valore legale vincolante a livello globale.
Alcune lavorazioni minerarie possono inquinare le acque di cui fanno utilizzo al punto da renderle estremamente difficili e costose, se non addirittura impossibili da depurare con le tecnologie attuali. In questi casi non è applicabile una “semplice” reimmissione nel ciclo dell’acqua, ma si devono adottare misure di contenimento e trattamento dove possibile.
A prescindere dal tipo di gestione che si decide di adottare riguardo l’acqua utilizzata nei processi minerari, si devono implementare le misure necessarie per evitare la contaminazione di fiumi, laghi e falde acquifere.
Pratiche di gestione dell’acqua inquinata.
Stoccaggio in invasi artificiali: L’acqua contaminata è stoccata in bacini di contenimento progettati e impermeabilizzati per evitare infiltrazioni nel sottosuolo e nelle falde sotterranee. Gli invasi sono monitorati costantemente per evitare perdite, sia durante l’attività estrattiva, sia quando il sito minerario sarà chiuso. Questo tipo di soluzione viene anche adottato se si prevede che dopo alcuni decenni di “riposo” l’acqua potrà essere reimmessa nell’ambiente.
Trattamenti specifici e avanzati: Si utilizzano tecnologie di trattamento avanzate e generalmente costose, quali l’osmosi inversa, lo scambio ionico, l’elettrocoagulazione, o processi biologici specializzati, a seconda della natura e della concentrazione dei contaminanti. Questi trattamenti sono solitamente utilizzati in quelle zone geografiche dove l’acqua necessaria alle estrazioni minerarie è più difficile da reperire.
Riutilizzo in circuiti chiusi: Se possibile, si riutilizza l’acqua all’interno del processo minerario stesso, così da ridurre il bisogno di scaricarla nell’ambiente. Solitamente, per fare ciò sono necessari trattamenti preliminari per rendere l’acqua adatta al nuovo utilizzo. Questo approccio è prevalentemente usato in quelle aree in cui l’acqua è scarsa e quindi preziosa.
Iniezione in pozzi profondi: Similmente allo stoccaggio in invasi artificiali, si può decidere di “depositare” l’acqua contaminata in pozzi naturali. In casi specifici, e previa un’approfondita valutazione geologica e idrogeologica, l’acqua inquinata può essere iniettata in pozzi profondi isolati. In alcuni casi, si utilizzano le stesse aree della miniera da cui si è estratto il minerale. Questa pratica è controversa e richiede rigorosi controlli per prevenire la possibile contaminazione delle falde acquifere sotterranee.
Trattamenti passivi e/o biologici: In alcune lavorazioni, soprattutto per il drenaggio acido di miniera, si utilizzano sistemi di trattamento passivi come aree umide artificiali o bioreattori che sfruttano processi naturali (es. sedimentazione) e/o biologici e batterici per la rimozione dei contaminanti dall’acqua. Questi trattamenti sono quasi sempre eseguiti in invasi artificiali per lo stoccaggio dell’acqua.
Gestione dei Rifiuti e dei Materiali di Scarto.
L’attività estrattiva dal suolo genera anche molti materiali indesiderati, non è possibile infatti, estrarre solo il minerale di cui si è alla ricerca. Insieme ai minerali si estraggono anche terra e materiale roccioso di varia natura. Ci sono diverse pratiche che vengono adottate per far fronte a questo problema.
Dove è possibile si cerca di minimizzare la produzione di rifiuti attraverso processi più efficienti o specifici. In questo contesto, per rifiuti non si intendono solo eventuali macchinari danneggiati irreparabilmente e che vanno smaltiti, ma tutto il materiale estrattivo che non è l’obiettivo primario di estrazione.
I materiali di scarto (sterili, residui di lavorazione) devono essere stoccati in modo sicuro e stabile, così da evitare la dispersione di polveri e il dilavamento di sostanze potenzialmente inquinanti. A seconda dei casi, si utilizzano o rivendono i materiali di scarto, oppure li si riciclano in altri processi industriali. In alcuni tipi di estrazioni, i materiali inerti sono stoccati in appositi depositi temporanei per poi essere reimmessi dove sono stati estratti. Questa pratica si chiama backfilling ed è largamente utilizzata sin dall’apertura di una miniera, in quanto è utile non solo come pratica ambientale, ma anche per rendere più stabile e sicuro il sito di estrazione.
Prevenzione di inquinamento atmosferico e acustico.
Le attività estrattive ed i grandi mezzi per il movimento dei materiali creano un grande innalzamento di polveri che è necessario contenere il più possibile. Per questo scopo si utilizzano sistemi di irrigazione, coperture e filtri relativamente semplici. Si tratta di misure necessarie perché alcuni minerali, una volta ridotti in polvere, possono essere pericolosi per la salute umana e animale.
Gli impianti ed i mezzi impiegati nei siti estrattivi devono essere sottoposti a controlli periodici per monitorare le emissioni di gas serra e altri inquinanti atmosferici.
Le attività minerarie generano una notevole quantità di rumore a causa dei macchinari pesanti utilizzati, delle operazioni di brillamento, e delle attività di spostamento e lavorazione dei materiali. Fortunatamente le contromisure che possono essere adottate sono molteplici: come prediligere attrezzature e mezzi insonorizzati, e la creazione di barriere acustiche realizzate con pannelli fonoassorbenti laddove si sa che ci sarà più rumore. Una soluzione semplice, ma importante è la concentrazione delle attività più rumorose (come il brillamento o la frantumazione) durante le ore diurne. Infine, si installano centraline di monitoraggio del rumore nei punti strategici del sito minerario per verificare il rispetto dei limiti di legge locali.
Tecnologie e Pratiche a impatto ridotto, applicabili all’estrazione mineraria.
Con il mondo sempre più industrializzato e tecnologico, estrarre minerali non è diventato solo più rapido ed efficiente, ma anche meno inquinante. Laddove si è deciso di investire in innovazione e di rispettare la natura, l’estrazione mineraria può avere un impatto ambientale ridotto.
Nelle aree dove è geologicamente possibile, si può dare la priorità alla sola estrazione sotterranea. Questa tipologia di attività estrattiva ha un impatto superficiale e ambientale ridotto rispetto all’estrazione effettuata a cielo aperto. Una miniera con sola estrazione sotterranea ha un’area superficiale di pochi ettari, ma una miniera a cielo aperto può occuparne alcune centinaia.
Esistono poi delle tecniche che possono essere utilizzate per specifici minerali, le quali permettono di effettuare scavi minimi. Una di queste è l’estrazione in situ, tramite la quale si iniettano speciali soluzioni nel sottosuolo, che dissolvono il minerale desiderato che viene poi pompato in superficie. Viene principalmente utilizzata per l’estrazione di Uranio, ma può anche essere applicata per rame e oro, anche se con alcune varianti.
Si possono poi affiancare tecniche di biomining all’estrazione convenzionale, così da riuscire ad ottenere metalli da minerali con basse percentuali dell’elemento desiderato. Il biomining è un processo biotecnologico che sfrutta microrganismi, come batteri e funghi, per solubilizzare e recuperare metalli utili da fonti a bassa concentrazione, principalmente minerali grezzi o scarti industriali ed elettronici. I microrganismi provocano reazioni chimiche che portano alla lisciviazione dei metalli desiderati in soluzione acquosa, da cui possono poi essere estratti con tecniche convenzionali.
Recupero e Riabilitazione del Sito di estrazione mineraria.
Fin dal momento in cui si valuta l’apertura di un sito minerario, si procede alla pianificazione della sua chiusura e del recupero dell’area che questo occupa. In questo piano di recupero si valuta se l’ambiente naturale potrà essere ripristinato come era all’origine e quali eventuali operazioni di bonifica saranno necessarie. Per il ripristino del paesaggio si danno la priorità alla morfologia del terreno ed al rimboschimento con vegetazione locale.
Tra le più comuni pratiche di bonifica c’è la rimozione totale delle infrastrutture temporanee e lo smantellamento delle strade di accesso al sito estrattivo. In alcuni casi particolari, il sito minerario dismesso può essere trasformato in area naturale protetta, e/o destinato a scopo turistico. Alcune vecchie cave possono essere trasformate in oasi naturalistiche con laghi, ed alcune miniere mantengono aperte alcune sezioni a scopo didattico, turistico o addirittura commerciale.
È importante sottolineare che il percorso verso un’estrazione mineraria “a impatto zero” è complesso e in continua evoluzione. Tuttavia, l’impegno verso pratiche più sostenibili è in crescita, spinto da normative più stringenti, dalla consapevolezza ambientale delle aziende e dalle richieste della società civile.